Fino al 1700, Maiolo era un paese dell’entroterra di Rimini, popoloso e fiorente, che esibiva una poderosa rocca sovrastante tutta la valle del Marecchia.

Per la sua posizione dominante era una delle roccaforti più difficili da espugnare dell’intera zona riminese e del Montefeltro ed anche in virtù di questo godeva di una certa prosperità, e i suoi abitanti, si narra, conducevano una vita, assai libertina secondo i costumi dell’epoca.

Nasceva così la leggenda  del “ballo angelico”, chiamato così perché tutti coloro che vi partecipavano, giovani e vecchi, donne e uomini, se ne stavano nudi e crudi, senza vergogna e pudore, con la stessa ingenuità degli angeli.

Queste pratiche si svolgevano nelle stanze del castello e tutti i partecipanti trascorrevano le notti fra canti e risa in atmosfere che si definivano assai trasgressive.

Una notte durante una di queste feste danzanti, apparve ai presenti un angelo che ammonì i partecipanti di smetterla altrimenti si sarebbe scatenata l’ira divina.
Nemmeno i sinistri stridii di una civetta che si era posata su una finestra riuscirono a dissuadere i castellani dal proseguire nelle loro feste.

Fu così che il 28 maggio del 1700 si abbatté sul paese un diluvio che durò quaranta ore ininterrotte, un fulmine spaccò il monte distruggendo la rocca e il borgo coi suoi abitanti, una frana di fatto spazzò via il paese, provocando la catastrofe.

Chissà, forse la leggenda nascondeva un pizzico di verità, forse a Maiolo già all’epoca si saranno praticate forme di nudismo che poi sono diventate, con le superstizioni popolari, il capro espiatorio di quella frana devastante.

Oggi non rimangono che pochi ruderi dell’antica rocca, e Maiolo conserva le sue vecchie case contadine, le piazzette  e la bellezza del suo panorama che spazia dall’Alpe della Luna al mare Adriatico.